Non ci ferma niente e nessuno

Matteo Renzi ha raddoppiato la posta; l’azzardo è grande. Il fulcro del suo programma di riforme, un grosso pacchetto di emendamenti costituzionali al momento è a un’impasse: 7850 emendamenti al Senato e dissidenti in tutti i partiti. L’auspicata ripresa economica non si vede. Lo Stato presenta lacune di bilancio. Tuttavia il giovane premier italiano si presenta sicuro di sé: “Coloro che si oppongono alle riforme continuano a metterci i bastoni tra le ruote. Noi i bastoni li togliamo e proseguiamo decisi sulla strada delle riforme”. I gruppi parlamentari del PD li ha già avvertiti: “Vi chiedo di fare poche ferie quest’anno”. Ad Agosto, il mese delle vacanze per tradizione in Italia, ai parlamentari non rimarrà molto tempo a disposizione. Si calcola che in trincea per la riforma costituzionale ci si dovrà rimanere almeno fino all’8 agosto. Ma Renzi dice anche: “Le riforme sono più importanti delle ferie dei Senatori. Andiamo avanti anche senza pause.” 

Una sconfitta sarebbe una Waterloo
Il primo ministro italiano non ha paura del confronto o del malcontento tra i suoi ranghi. Se vince questa battaglia, potrà poi dedicarsi con rinnovata determinazione alle impopolari riforme del mercato del lavoro, della pubblica amministrazione e della giustizia. Una sconfitta alle votazioni sarebbe per il premier una Waterloo. I partner europei si strofinano increduli gli occhi di fronte a questa guerra da trincea italiana. Non aveva forse Renzi, con la sua abile dialettica, considerato tali riforme come un’ovvietà? Non avevano le parole di Renzi forse indotto a credere di avere le riforme già in tasca? In che altro modo poteva proporre ai partner dell’eurozona le riforme in Italia come moneta di scambio per una maggiore flessibilità di deficit di bilancio? “Ci presenteremo in Europa con un pacchetto di riforme”, aveva annunciato Renzi alla fine di Giugno e con questo rendendo chiare certe implicazioni: “C’è sempre stata un’operazione di scambio tra il processo di riforma e l’uso dei margini di flessibilità indicati (per il bilancio).” Acrobazie metodologiche, se si vuole, con le quali il 39enne Matteo Renzi continua a cogliere di sorpresa l’Italia intera, impressionandola, ma che a livello europeo non funziona. 

Renzi incarna il ringiovanimento della politica di partito
Promesse di riforma in cambio di deficit di bilancio più elevati: il preciso baratto renziano, alla fine, non ha trovato sufficiente sostegno tra gli altri leader europei, i quali non hanno appoggiato nemmeno il suo altro proposito, cioè di nominare Federica Mogherini ministro degli Esteri come incaricata europea per la politica estera, giudicando pochi i quattro mesi di esperienza al governo italiano. Se questo doppio colpo gli fosse riuscito, Renzi avrebbe celebrato la presidenza del Consiglio europeo il 1° luglio alla stregua di un’incoronazione imperiale. Due tiri a vuoto che il primo ministro italiano minimizza, come se nulla fosse accaduto. Dopo tutto il meccanismo che ha portato Matteo Renzi in Italia in rapida ascesa, grazie al suo fare assertivo, è ancora intatto: Renzi incarna agli occhi degli elettori italiani un ringiovanimento della vecchia politica dei partiti. Allo stesso tempo, egli non mostra alcun vanità, nessuna ambizione carrieristica; non cerca il compromesso per garantirsi al potere all’interno del partito come invece aveva fatto il predecessore Enrico Letta. A differenza di coloro venuti prima di lui, Renzi dice solo: “Se non raggiungo i miei obiettivi di riforma, smetto di far politica”. Questa quotidiana ostentazione di coraggio è all’opposto della paura dei politici tradizionali: la paura di un ulteriore rafforzamento del partito di protesta del comico Beppe Grillo, la paura della disaffezione di parte dell’elettorato italiano, la paura di perdere l’unico emblema dei partiti tradizionali, ma anche paura di elezioni immediate, costantemente minacciate da Renzi. 

Questioni spinose e populismo
L’approccio originario, volto a una soluzione rapida, non ha funzionato. Renzi inizialmente aveva promesso una grande riforma al mese; ma in un sistema di governo come quello italiano è troppo complicato. I problemi della pubblica amministrazione, del mercato del lavoro, della magistratura, che Renzi affronta in modo risoluto, esistono da più di quarant’anni; a beneficiarne sono in molti. Il governo Renzi, iniziato il 22 febbraio, non si è comunque fatto spaventare da questioni spinose e ha così gestito in cinque mesi ciò che al suo predecessore era costato il doppio del tempo. In futuro sarà consentito al servizio pubblico di far trasferire il personale altrove, anche contro la sua volontà, nel raggio di 50 chilometri. Nel mercato del lavoro Renzi ha ottenuto la liberalizzazione di tutti i contratti a tempo determinato per un massimo di tre anni: anche qui una piccola rivoluzione, contro la volontà dei sindacati. Questi sono ora in stato di shock: il rito tradizionale, per lo più prolisso e inconcludente, della concertazione, che vedeva governo e ministri inchinarsi ai sindacati e alle molte altre organizzazioni professionali, Renzi lo ha annullato senza tante storie; mantiene intatta la sua popolarità, nonostante opinioni contrarie a spiacevoli riforme, respingendo le intimidazioni populiste. Ai lavoratori che guadagnano meno - con quota esente da imposte più bassa (4.500 euro) e un’aliquota d’imposta sulle entrate più alta rispetto alla Germania (23%) - Renzi ha concesso una detrazione fiscale di 80 euro mensili. Perché molti italiani vedono i valori limite europei per il deficit di bilancio pubblico come un motivo importante della crisi economica in Italia, anche a Renzi piace inveire pubblicamente - e con efficacia - contro l’austerità a suo dire imposta dal Nord Europa. 

Il "cambiamento per il meglio" richiederà più tempo del previsto
In realtà i contratti danneggiano coloro che parlano solo del patto di stabilità. Ma stabilità e crescita vanno di pari passo. Renzi duella al parlamento europeo con il presidente del Partito popolare europeo, Manfred Weber, tedesco: gli rinfaccia che i tedeschi nel 2003 avevano violato il patto di stabilità e di aver preteso privilegi di cui altri Paesi non godevano. Al presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, Renzi ha caldamente suggerito di occuparsi di questioni interne al suo Paese e di non immischiarsi in faccende di politica europea. In segno di modernità, Renzi invia regolarmente messaggi su Twitter; ama usarvi un suo slogan, #lasvoltabuona... la svolta per il meglio. Il fatto che tale svolta richieda mille giorni, dal punto di vista di Renzi non fa una grinza: il sistema politico in Italia non è adatto a qualcuno che voglia governare energicamente. Il parlamento è composto da due camere che a volte si rimbalzano l’un l’altra i disegni di leggi per un anno intero. Le regioni hanno ottenuto nel 2000 così tanto potere, grazie a un’infelice riforma costituzionale della coalizione di centro-sinistra, che possono bloccare progetti di infrastrutture come gasdotti o autostrade per decenni, spaventando in tal modo gli investitori stranieri e rendendo lo sviluppo del turismo una farsa. Il sistema elettorale ha garantito per decenni una rappresentazione sì “equa”, per così dire, ma a scapito di stabilità e capacità decisionale dei governi.
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