M.O: da che parte sta l’Italia

Intervenendo alla Camera sulla «crisi a Gaza», la ministra degli esteri Federica Mogherini ha invitato il parlamento e l’opinione pubblica italiana a «non cedere alla logica della partigianeria, all’idea che ci si debba dividere tra amici di Israele e amici della Palestina, che si debba scegliere da che parte stare nel conflitto». In realtà l’Italia ha da tempo già scelto, istituzionalizzando sotto forma di legge (con larga intesa bipartisan) la cooperazione militare con Israele.

Il memorandum d’intesa sulla cooperazione militare italo-israeliana, ratificato nel 2005 dal Senato (grazie ai voti del gruppo Democratici di sinistra-Ulivo schieratosi con il centro-destra) e dalla Camera, è divenuto Legge 17 maggio 2005 n. 94. La cooperazione tra i ministeri della difesa e le forze armate di Italia e Israele riguarda «l’importazione, esportazione e transito di materiali militari», «l’organizzazione delle forze armate», la «formazione/addestramento». Sono previste a tale scopo «riunioni dei ministri della difesa e dei comandanti in capo» dei due paesi, «scambio di esperienze fra gli esperti», «organizzazione delle attività di addestramento e delle esercitazioni», «partecipazione di osservatori alle esercitazioni militari». La legge prevede anche la «cooperazione nella ricerca, nello sviluppo e nella produzione» di tecnologie militari tramite «lo scambio di dati tecnici, informazioni e hardware». Vengono inoltre incoraggiate «le rispettive industrie nella ricerca di progetti e materiali» di interesse comune.

Con questa legge, le forze armate e l’industria militare del nostro paese sono state coinvolte in molte attività di cui nessuno (neppure in parlamento) viene messo a conoscenza. La legge stabilisce infatti che esse sono «soggette all’accordo sulla sicurezza» e quindi segrete. Poiché Israele possiede armi nucleari, alte tecnologie italiane possono essere segretamente utilizzate anche per potenziare le capacità di attacco dei vettori nucleari israeliani.

In tale quadro, l’Italia sta fornendo a Israele i primi dei 30 velivoli M-346 da addestramento avanzato, costruiti da Alenia Aermacchi (Finmeccanica), che possono essere usati anche come caccia per l’attacco al suolo in operazioni belliche reali. Gran parte del costo (400 milioni su un miliardo di dollari) viene anticipata a Israele da un consorzio formato da Unicredit e da un fondo pensione collegato. A sua volta l’Italia si è impegnata ad acquistare da Israele (con una spesa di oltre un miliardo di dollari) il sistema satellitare ottico ad alta risoluzione Optsat-3000, che serve a individuare gli obiettivi da colpire, più due aerei Gulfstream 550 che, trasformati dalle Israel Aerospace Industries, svolgono la funzione di comando e controllo per l’attacco in distanti teatri bellici. Questa è solo la punta dell’iceberg di un accordo, non solo militare ma politico, attraverso cui l’Italia aiuta nei fatti Israele a soffocare nel sangue il diritto dei palestinesi, riconosciuto dall’Onu, di avere un proprio stato sovrano.


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