L’Unità appartiene al passato

Matteo Renzi incarna un nuovo spirito. Il premier non agisce su base ideologica, non ha manie di grandezza e twitta senza posa. Questo influenza anche i media italiani e nel frattempo un giornale online potrebbe farla da padrone.

Non permette un cambiamento di mentalità e di stili ...

L’Unità appartiene al passato; fine delle pubblicazioni. Fondata nel 1924 da Antonio Gramsci, è stata per decenni l’organo del Partito comunista italiano. Una voce importante del Paese, un tempo diretta da influenti personalità come Massimo D’Alema e Walter Veltroni. Il primo è stato in seguito primo ministro; l’altro vice sindaco di Roma. Il 1° agosto l’Unità ha chiuso. L’editore non poteva sostenerne le perdite. “Hanno ucciso l’Unità”, il grido sul sito web del giornale dei redattori inferociti. Ma la triste verità è: i lettori stessi fuggono dall’Unità. Alla fine si vendevano suppergiù solo ventimila copie al giorno. Insufficienti a coprirne i costi. Il futuro invece è questo: Fanpage.it , attualmente il nome più gettonato nel giornalismo italiano. Un giornale esclusivamente online, con una forte presenza sulle reti sociali come Facebook. La maggior parte dei lettori ha poco più di vent’anni; l’età media della redazione è solo leggermente più alta. I giornalisti che collaborano al sito sono in massima parte liberi professionisti. Scrivono, scattano foto e girano brevi messaggi video. Il pezzo grosso dietro Fanpage.it non è un D’Alema o un Veltroni, ma un ex web designer di Napoli. Gianluca Cozzolino. Il 41enne prima progettava siti web aziendali, poi ha cominciato a scrivere un blog, da cui nato un giornale vero e proprio. Fanpage.it affronta tutti gli argomenti: politica, economia, musica, teatro e gossip locali.

I lettori partecipano al quotidiano online

I lettori danno il loro contributo. Forniscono informazioni e inviano video. “Siamo indipendenti, inclusivi e invitiamo a partecipare”, dice Cozzolino, mescolando l’italiano con l’inglese. È un concetto di successo. Due milioni di persone guardano ogni giorno il sito. Il giro d’affari aumenta annualmente tra il 60 e il 70%. Cozzolino indica utili tra i 3,5 e i 4 milioni di euro per l’anno 2014. Il giornalismo italiano si sta rivoluzionando. La crisi in Italia spinge grandi testate come il “Corriere della Sera” o “Il Sole 24 Ore” a puntare sul digitale. L’economia italiana non è uscita dalla depressione e nella prima metà dell’anno, l’Italia è scivolata di nuovo in recessione. Le aziende risparmiano sulle campagne pubblicitarie, ai giornali vengono a mancare annunci e inserzioni. I lettori non comprano più i giornali stampati; preferiscono migrare su internet. Non si sfoglia più a tavola a colazione, ma si scorre sul palmare in metropolitana. Sono mutamenti noti anche in altri Paesi, ma in Italia il fenomeno appare di più ampio respiro: la società italiana attraversa un profondo sconvolgimento. I cittadini sono delusi dalla politica, dai partiti e dai media e dai loro sotterfugi. La rabbia è palpabile ovunque. La gente ce l’ha con i privilegi dei potenti, la distanza di questi dalla realtà, lo spreco di denaro pubblico e la stagnazione economica che va di pari passo con il calo dei redditi e le scarse prospettive di lavoro. 

Il premier Renzi si occupa di tutto un po’

I cambiamenti sociali hanno permesso l’ascesa di Matteo Renzi. Trentanove anni ed è già primo ministro. Non segue alcuna ideologia; è pragmatico. Un tempo era democristiano; adesso socialdemocratico. Si occupa di tutto un po’. È contro la politica dell’austerità in Europa, ma allo stesso tempo è a favore di dolorose riforme strutturali. Ha distribuito ottanta euro ai basso reddito e subito dopo si è scagliato contro i sindacati. Renzi non segue logiche di sinistra o destra, ma agisce in termini di velocità, alternando scatti e pause; è un uomo d’azione. Sono gli altri che frenano e sono inclini allo scetticismo. Renzi li chiama “gufi”, uccelli del malaugurio. Il Presidente del Consiglio non crede all’etichetta. Niente giacca e cravatta, ma jeans e camicia aperta. A Palazzo Chigi si fa portare la pizza a domicilio. Fa presto a dare del tu. Tende la mano e dice: “Io sono Matteo”. Non è “uno di quelli”, ma “uno di noi”, uno che ai cittadini parla direttamente. Se ha qualcosa da annunciare, non si serve di una conferenza stampa, ma usa la messaggistica breve di Twitter. Anche durante un’intervista televisiva lo vedi giocherellare con l’iPhone; invia e riceve di continuo. Il fenomeno Renzi è in linea con lo spirito del tempo, il quale naturalmente caratterizza anche il mondo dei media. Il premier si rivolge anzitutto non a profondi pensatori e scrittori che rappresentano una certa visione delle cose, ma a giovani che si interessano un po’ a tutto, che trattano gli argomenti più disparati e sono coinvolti in un milione di cose diverse. Un modello nuovo incarnato anche da Pierfrancesco Diliberto, nome d’arte Pif . Il 42enne è regista, attore e contemporaneamente giornalista. Gira con una telecamera palmare; per il canale musicale MTV filma servizi sui connazionali che sono seguitissimi. È attivo nella lotta antimafia ed è il volto pubblicitario di una società di telecomunicazioni.

I giornali tradizionali sembrano fuori dal tempo

I giornali tradizionali che finora erano centri di potere e mediavano tra la politica e i cittadini, adesso appaiono come fuori dal tempo. Fanno fatica a raggiungere le nuove generazioni e a coglierne il nuovo registro. Situazione a rischio, anche perché le sovvenzioni vengono meno. I giornali stampati ricevono finanziamenti. Ma questi ultimi sono sempre più ridotti date le casse pubbliche vuote. E il fatto che Renzi abbia nominato il suo braccio destro Luca Lotti responsabile per il fondo finanziamenti, certo non aiuta – uno che di tanto in tanto afferma tra il serio e il faceto di non leggerli proprio i giornali. Il presagio dello stesso incerto destino dell’”Unità” aleggia attorno al “Manifesto” e a “Europa”, altre testate di sinistra. Al fine di garantirsi un’esistenza, la stampa serra le fila e cerca di fare squadra. “La Stampa” di Torino, di proprietà degli Agnelli, e “Il Secolo XIX” di Genova cooperano strettamente. I due giornali fondati rispettivamente nel 1867 e nel 1886, fanno capo alla Italiana Editrice Spa [nel 2012 la società è stata fusa per incorporazione nella sua controllata Editrice La Stampa [fonte: it.wikipedia.org, N.d.T.]. John Elkann, rampollo degli Agnelli, nonché nipote di Gianni e attuale presidente Fiat, parla con entusiasmo di maggiore efficienza, una base finanziaria più solida e più potere contrattuale con gli inserzionisti. Riconversione, maggiore risparmio, cambio di leadership. Tutte cose di cui Fanpage.it non deve preoccuparsi. “I giornali tradizionali sono bloccati in una transizione dolorosa. Prendere volentieri i sussidi equivale a darsi la zappa sui piedi”, dice Cozzolino. “Noi quel vecchio mondo non lo abbiamo mai frequentato.” Il che equivale a dire: Fanpage.it non viene stampato né ha mai ricevuto sovvenzioni statali. Il giornale è partito come online e così rimane, forte della sua espansione nel bel mezzo della crisi.

I vecchi giornali muoiono o si fondono, Cozzolino si allarga

Circa 120 persone lavorano intanto per Cozzolino. Una piccola redazione a Napoli, molti freelance in tutto il Paese, alcuni esperti di video e una manciata di programmatori. Presto, verrà inaugurato un ufficio a Milano e in futuro un proprio ufficio marketing per dare caccia alla pubblicità online. All’idea di Cozzolino, di un giornale politicamente indipendente e finanziabile con il web, all’inizio non credeva nessuno. Né le banche né venture di capitale di rischio. “Ho fatto un pellegrinaggio presso tutti gli investitori di capitale di rischio in Italia: altro che venture”, dice Cozzolino. “Il rischio era troppo grande per loro.” Cozzolino ha incassato un rifiuto dopo l’altro. Ha fatto allora da sé mettendo mano ai suoi risparmi. Nel 2009 nella sua città ha radunato una piccola équipe e così è partito; capitale iniziale: cinquanta euro. Di politica ed economia all’inizio non si scriveva – mancava la licenza di organo di stampa. Fanpage.it allora si è dedicato inizialmente a spettacoli, concerti e gossip. Il tutto su Facebook, tanto per cominciare. Tutti i post sul sito venivano e vengono tuttora distribuiti sulla rete sociale, corredati e arricchiti dai commenti dei lettori. “I giornali tradizionali non hanno proprio recepito la natura dei social network”, afferma Cozzolino. “Ne abbiamo tratto vantaggio e ci siamo creati una community in rete”. 2,7 milioni sono i fan di cui può vantarsi Fanpage.it su Facebook. “Nel complesso raggiungiamo otto milioni di persone”, dice Cozzolino. 

Lezione su come funziona internet 

Con il pubblico anche le ambizioni giornalistiche sono cresciute. Cozzolino si avvale di redattori giovani ma con esperienza, in grado di controllare il flusso di messaggi e di guidare l’intera squadra. Fanpage.it sta ora cercando di raggiungere altri traguardi tramite sofisticati reportage e ricerche elaborate. Un’intera sezione è dedicata al tema “Terra dei Fuochi”, l’area in Campania, dove la camorra ha sotterrato rifiuti tossici delle industrie del nord Italia contaminando il suolo, uno scandalo ambientale di immani proporzioni. “Praticamente davanti la porta di casa nostra”, dice Cozzolino. Nonostante il successo di Fanpage.it, della sua storia sui giornali nessuno ne parla. “Nessun grande giornale italiano ci ha sinora segnalati”, ha detto Cozzolino. Nonostante ciò è un sito Web che gode di tutto rispetto, per numero di clic, la pagina napoletana si colloca giusto dietro il Corriere della Sera e la Repubblica. Le aziende di marketing online fanno a gara per ottenere i suoi favori. Già le prime case editrici si sono fatte avanti sventolando mazzette di banconote. “Ma io non voglio vendere”, ha detto Cozzolino. Anche le banche e le società di capitale di rischio, che una volta snobbavano Cozzolino, ora sono lì a bussare alla porta. “Ma adesso sono io che non voglio.” Forse Fanpage.it verrà preso a modello dai giornali. Una lezione su come funziona internet, che potrebbe tornare utile all’Unità, la cui redazione non si dà ancora per vinta. Hanno avviato una petizione online. “Siamo l’Unità” è il grido di battaglia. Il riscontro è per ora modesto: circa 6800 gli utenti che hanno firmato.

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