L'ONU e la sua imbarazzante immunità

Si tratta di una notizia praticamente passata sotto silenzio. L’Onu non è processabile e gode dell’immunità assoluta, anche quando c’è il dubbio che sia responsabile del massacro di oltre 8mila persone. Eppure nessuno ha gridato allo scandalo o all’ingiustizia. Semplicemente non se ne è parlato.

I fatti risalgono al luglio del 1995 ed è noto come il “genocidio di Srebrenica” nella quale persero la vita migliaia di musulmani bosniaci. Srebrenica era un’enclave protetta dalla Nazioni Unite, delimitata e demilitarizzata per proteggere la popolazione civile dalle rappresaglie serbo-bosniache. A partire dal 9 luglio tutta la zona venne attaccata dalle truppe, che riuscirono infine ad entrare nella città di Srebrenica. Gli uomini furono separati dalle donne, dai bambini (under 14) e dagli anziani (over 65) e furono tutti uccisi. Nelle fosse comuni sono state trovate oltre 6mila salme identificate anche con il test del DNA, morti che ancora non hanno ottenuto giustizia.

I 600 caschi blu dell’ONU e le tre compagnie olandesi Dutchbat I, II, III non intervennero per impedire il massacro. Le porte della base di Potočari furono sbarrate alle migliaia di profughi che cercarono protezione, e questo nonostante i militari fossero consapevoli del rischio che tutti correvano. Anzi, formarono persino “un cordone per respingere la popolazione che preme sulla recinzione”.

Già nel 2008 la Corte Distrettuale d’Appello dell’Aja aveva riconosciuto le responsabilità del contingente olandese, colpevole di complicità. Forte di questo parere, l’associazione “Madri di Srebrenica” ha presentato un ricorso alla Corte di Strasburgo contro i Paesi Bassi e le Nazioni Unite.Il ricorso è stato rigettato l’11 giugno 2013.

Il motivo è presto detto. "L’ONU gode dell’immunità da cause civili direttamente collegata alle sue funzioni di rafforzamento della pace e della sicurezza nel mondo», sancendo in questo modo come le Nazioni Unite «non sono soggette ad alcuna forma di controllo giudiziario" come ha polemicamente evidenziato lo studio legale “Van Diepen Van der Kroef Advocaten” che assiste l’associazione.

Sembrerebbe dunque evidente - o certo - che l’ONU non sia nemmeno lontanamente colpevole dei morti di Srebrenica; eppure i Tribunali hanno messo la mano sopra questo giudizio. L’ONU non è dunque processabile. Le sue motivazioni sono la pace e l’uguaglianza e quando sbaglia (se sbaglia) nessuno lo può giudicare.

Va da sé che questa presa di posizione apre non poche zone d’ombra sulla non-giudicabilità della più importante istituzione internazionale contemporanea. E se l’ONU dovesse mai sbagliarsi anche su altri fronti? Se dovesse mai fare degli errori di valutazione proprio nella definizione di pace e uguaglianza? Ricordiamo che l’ONU non è solo un organismo per la sicurezza, ma ricopre l’importante ruolo di “produttore di senso” dando le direttive in ambiti economici, sociali e culturali. I suoi programmi sono universali, operativi, in grado di condizionare governi e coscienze. E adesso sono anche non-giudicabili (purché siano per la pace e per la sicurezza nel mondo).

Eppure sia la Corte di Strasburgo sia le Nazioni Unite sono ipersensibili anche ai più microscopici diritti. Fare luce sulla responsabilità di un genocidio dovrebbe essere la prerogativa della prima e condizione necessaria per la seconda. E l’immunità, in questo caso, non aiuta certo a fidarsi della bontà di entrambi. Non può non venire in mente, a questo punto, il collegamento con gli otto punti programmatici che i 191 Stati membri dell’ONU si sono impegnati a realizzare entro il 2015.

Punti che vogliono eliminare in Europa le parole “povertà”, “discriminazione” e allargare i “diritti fondamentali”. Ma, come scrive Scandroglio sulla Nuova Bussola, “per chi siede a Strasburgo il vero povero è colui che non può ricorrere ad aborto e contraccezione [...] e vanno difesi con forza il diritto ad un più alto standard di salute, compresa la salute sessuale e riproduttiva [...] anche fornendo pianificazione familiare volontaria, aborti sicuri e contraccettivi”.

Anche sul diritto all’omosessualità l’Unione Europea e le Nazioni Unite hanno dei piani ben precisi, per assicurare che sia rispettato, grazie all’istituzione di indicatori, osservatori e politiche statali. Tutte cose che avranno un costo, non pagabile da nessuno se non dai contribuenti stessi, che dovranno versare lo 0,7% del PIL nazionale per fare in modo che l’omosessualità, l’aborto e la contraccezione siano garantite.

Nel caso italiano si parla di cifre intorno ai 10 miliardi di euro, alla faccia della crisi.

Probabilmente sarà una tassa imposta, voluta da quegli stessi enti che quando devono scagionarsi da un genocidio invocano l’immunità, ma che nello stesso tempo sono i migliori e più buoni garanti dei diritti dell’uomo.

Davide Greco

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