La potente Lobby Ebraica

Per decenni Israele ha violato i principi codificati del diritto internazionale e sfidato numerose risoluzioni delle Nazioni Unite a proposito dei territori palestinesi occupati, delle uccisioni extra giudiziarie e dei suoi ripetuti atti d'aggressione militare. Gran parte del mondo considera la politica israeliana, e specialmente la sua oppressione dei Palestinesi, come vergognosa e criminale. Questa opinione comune internazionale è riflessa, per esempio, in numerose risoluzioni dell'ONU che condannano Israele e che sono state approvate da schiaccianti maggioranze.

"Il mondo intero" - affermava nel 2002 l'allora segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan - "chiede che Israele si ritiri dai territori palestinesi occupati. Ed io non credo che il mondo intero... possa essere in errore."

Solo negli Stati Uniti i politici ed i media sostengono ancora fedelmente Israele e la sua politica. Per decenni gli Stati Uniti hanno fornito ad Israele un cruciale sostegno militare, diplomatico e finanziario oltre ad un aiuto economico annuo di più di tre miliardi di dollari. Perché gli Stati Uniti restano il solo bastione di supporto per Israele? Il Vescovo del Sud Africa Desmond Tutu, che fu insignito nel 1984 del premio Nobel per la Pace, ha candidamente illustrato la ragione:

"Il governo d'Israele è posto su di un piedistallo (negli USA) e la sua critica è immediatamente sospettata d'antisemitismo. La gente di questo paese ha paura di dire pane al pane e vino al vino perché la lobby ebraica è potente, molto potente."

Il Vescovo Tutu dice il vero. Sebbene gli ebrei costituiscano solo circa il tre per cento della popolazione degli Stati Uniti, essi controllano un immenso potere ed esercitano un'influenza molto maggiore di quella d'ogni altro gruppo etnico o religioso.

Come l'autore ebreo e professore di Scienze Politiche Benjamin Ginsberg ha argutamente mostrato:

"Dagli anni sessanta gli ebrei sono arrivati a detenere una considerevole influenza in America sull'economia, la cultura, la vita politica ed intellettuale. Gli ebrei hanno giocato un ruolo centrale nella finanza americana durante gli anni ottanta ed essi sono stati i maggiori beneficiari di fusioni e riorganizzazioni economiche. Oggi, sebbene appena il 2% della popolazione nazionale sia ebraica, quasi la metà dei suoi miliardari è ebrea. I vertici degli uffici esecutivi dei tre maggiori network televisivi e i quattro maggiori proprietari degli studios cinematografici sono ebrei come i proprietari dei più influenti giornali, il New York Times... Il ruolo e l'influenza degli ebrei nella politica americana è egualmente significativo...

Gli ebrei sono meno del tre per cento della popolazione nazionale ma comprendono l'undici per cento di quello che gli studi definiscono l'élite nazionale. Inoltre gli ebrei costituiscono più del 25% delle élite giornalistica e editoriale, più del 17% dei leader d'importanti organizzazioni di volontariato ed interesse pubblico e più del 15% degli alti ranghi dell'amministrazione statale."


Stephen Steinlights ex-direttore del National Affairs of the American Jews Committeee similmente rilevava "lo spropositato potere politico degli ebrei è senza dubbio il più grande rispetto ad ogni altro gruppo etnico/culturale in America." Egli proseguiva spiegando che "il potere e l' influenza economica degli ebrei sono concentrate in modo spropositato a Hollywood, nella televisione e nell'industria mediatica."

Due ben noti scrittori ebrei, Seymour Lipset ed Earl Raab scrivevano nel loro libro "
Jews and the New American Scene" del 1995:

"Durante gli ultimi tre decenni, gli ebrei negli Stati Uniti hanno superato il 50% tra i maggiori 200 intellettuali... il 20% tra i professori nelle università più prestigiose... il 40% tra i soci dei maggiori studi legali  a New York e a Washington... il 59% dei direttori, scrittori, e dei produttori delle 50 maggiori pellicole cinematografiche dal 1965 al 1982, e il 58% dei direttori, scrittori e produttori in due o più serie televisive di prima serata."
 

L'influenza dell'ebraismo americano a Washington, notava il quotidiano israeliano Jerusalem Post "è largamente sproporzionata rispetto alle dimensioni della comunità, ammettono i leader ebrei ed americani. Ma così è l'ammontare della somma di denaro che essi elargiscono per le campagne elettorali." Uno dei membri dell'influente Conference of Presidents of Major American Jewish Organizations, stimava che gli ebrei hanno da soli contribuito con il 50% dei fondi per la campagna di rielezione del Presidente Bill Clinton del 1996.

"E' completamente privo di senso cercare di negare la realtà del potere ebraico ed il suo predominio nella cultura popolare" ammette Michael Medved un noto scrittore e critico cinematografico ebreo "Ogni lista dei più influenti produttori cinematografici produrrebbe una preponderante maggioranza di riconoscibili nomi ebraici."

Una delle persone che ha più attentamente studiato questo argomento è Jonathan J. Goldberg, adesso editore dell'influente settimanale della comunità ebrea Forward. Nel suo libro "Jewish Power" del 1996 scriveva:

"Nei settori chiave dei media, specialmente negli studi cinematografici di Hollywood, gli Ebrei sono così numericamente dominanti che definire questi affari sotto controllo ebreo è poco più che un'osservazione statistica... Hollywood alla fine del ventesimo secolo è ancora un'industria con una pronunciata coloritura etnica. Praticamente tutti i capi delle produzioni cinematografiche sono ebrei. Scrittori, produttori, e anche i meno evoluti direttori sono in larga maggioranza ebrei - un recente studio ha mostrato come superino il 59% tra i produttori di film a budget più elevato. Il peso di tanti ebrei in una delle più lucrose ed importanti industrie americane conferisce loro uno straordinario potere politico. Essi sono la maggior riserva di denaro per i candidati Democratici."

Specularmente alla loro forte presenza nei media americani gli ebrei sono abitualmente descritti come molto intelligenti, altruistici, degni di fede, compassionevoli e meritevoli di simpatia e sostegno. Mentre milioni di americani si adattavano prontamente a queste immagini stereotipate qualcuno non si lasciava impressionare. "Sono molto arrabbiato con qualcuno degli ebrei" - dichiarava l'attore Marlon Brando in un intervista del 1996 - "essi sanno perfettamente che tipo di responsabilità possiedono... Hollywood è governato dagli ebrei, ed essi dovrebbero manifestare una grande sensibilità per la gente che sta soffrendo."


A Well-Entrenched Factor

Il potere d'intimidazione della "lobby ebraica" non è un fenomeno recente, ma è stato da molto tempo un importante fattore della vita sociale americana.

Nel 1941 Charles Lindbergh parlò della pericolosità del potere ebraico nei media e nel governo. Il timido trentanovenne - famoso in tutto il mondo per il suo primo ed epico volo transatlantico del 1927 da New York a Parigi, - si rivolgeva a settemila persone a Des Moines, Iowa, l'undici settembre del 1941 illustrando il pericolo del coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra che si stava svolgendo in Europa. Egli spiegò che i tre più importanti gruppi di pressione che spingevano gli Stati Uniti verso la guerra erano i britannici, gli ebrei e l'amministrazione di Roosevelt.

A proposito degli ebrei egli disse: "Il più grande pericolo per questo paese sta nelle loro immense proprietà e nella loro grande influenza nel nostro cinema, sulla nostra stampa, la nostra radio e il nostro governo."

E aggiunse:

"Per ragioni che sono comprensibili dal loro punto  di vista, che non è il nostro per il motivo che essi non sono americani, desiderano coinvolgerci nella guerra. Noi non possiamo biasimarli poiché essi perseguono quelli che ritengono essere i loro interessi ma dobbiamo difendere i nostri. Noi non possiamo seguire le naturali pulsioni e i pregiudizi degli altri popoli per condurre il nostro paese alla distruzione."

Nel 1978, l'autore ebreo americano Alfred M. Lilienthal scrisse nel suo dettagliato studio "The Zionist Connection" scrisse:

"Come è stata imposta la volontà sionista al popolo americano?... E' la 'Jewish connection', la solidarietà tribale tra correligionari, l'incredibile vantaggio sui non ebrei, che ha forgiato questo potere senza precedenti... Nelle grandi aree metropolitane la 'Jewish-Zionist connection' pervade completamente gli influenti circoli finanziari, commerciali, sociali e ricreativi."

Il risultato del dominio ebraico sui media, scriveva Lilienthal, è che la copertura informativa delle notizie sul conflitto Israelo - Palestinese nella televisione e sulla stampa americana è inesorabilmente a favore d'Israele. Ciò si manifesta per esempio nel deformante ritratto del "terrorismo" palestinese. Come puntualizza Lilienthal: "I reportage unilaterali sul terrorismo, in cui la causa non è mai relazionata all'effetto, sono possibili perché la più efficiente parte della 'Jewish connection' è probabilmente il controllo dei media."

One - sided 'Holocaust' History

Il controllo ebraico della vita culturale ed accademica ha avuto un profondo impatto sul modo in cui gli americani guardano al loro passato. In nessun posto più che nella campagna mediatica sull'Olocausto e sul destino degli ebrei in Europa durante la seconda guerra mondiale la visione giudeo - centrica della storia è più radicata.

Lo storico israeliano Yehuda Bauer professore all'università ebraica di Gerusalemme ed esperto dell'Olocausto ha notato:

"Sia se presentato realisticamente o in modo inautentico, sia se compatibile con i fatti storici o in contraddizione con questi, sia se rappresentato con empatia e comprensione o come un monumento al kitsch, l'olocausto è diventato un simbolo dominante della nostra cultura. Difficilmente trascorre un mese senza una nuova produzione televisiva, un nuovo film, un nuovo spettacolo, dei nuovi libri di prosa o poesia commercializzino il tema, e il flusso è in crescita più che in diminuzione."

Le sofferenze dei non-ebrei non meritano le stesse attenzioni. Fuori dal focus della vittimizzazione ebraica sono, per esempio, i milioni di vittime del colonialismo, quelle della Russia stalinista, più di dieci milioni di vittime del regime maoista in Cina e dai 12 ai 14 milioni di tedeschi, vittime della fuga e delle espulsioni dal 1944 - 1949 in cui circa due milioni persero la vita.

La ben finanziata campagna mediatica ed 'educativa' sull'Olocausto è di cruciale importanza per gli interessi di Israele. Paula Hyman professore di storia ebraica moderna all'università di Yale ha osservato:

"Con i ringraziamenti d'Israele, l'Olocausto può essere usato per prevenire le critiche politiche e sopprimere il dibattito; esso rinforza il senso degli ebrei di essere un popolo assediato che può difendersi solo facendo affidamento solo su se stesso. L'invocazione delle sofferenze patite dagli ebrei sotto i nazisti,spesso, occupa il posto delle argomentazioni razionali ed è usato per convincere i dubbiosi della legittimità dell'attuale politica del governo d'Israele."

Norman Finkelstein, autore ebreo che insegna scienze politiche all'università di New York (Hunter College), scrive nel suo libro, The Holocaust Industry [ed. italiana "'industria dell'Olocausto" Rizzoli 2002] "invocare l'Olocausto" è "un espediente per delegittimizzare ogni critica rivolta agli ebrei". "Attraverso il conferimento delle totale impunità degli ebrei, il dogma dell'Olocausto immunizza Israele e l'ebraismo americano da ogni legittima censura... L'ebraismo organizzato ha sfruttato l'olocausto nazista per deviare le critiche rivolte ad Israele e la sua moralmente indifendibile politica." Egli scrive della vergognosa "estorsione di denaro" fatta alla Germania, alla Svizzera e ad altri paesi da Israele e dalle organizzazioni ebraiche "per estorcere miliardi di dollari." "L'Olocausto" - predice Finkelstein - "può trasformarsi nella più grande rapina della storia del genere umano."

"Gli ebrei in Israele si sentono liberi di effettuare ogni atto di brutalità contro gli arabi"- scrive il giornalista israeliano Ari Shavit - "credendo con certezza assoluta, che ora, con la Casa Bianca, il Senato e molti dei media americani nelle loro mani, la vita degli altri non conta come quella ebraica."

L'Ammiraglio Thomas Moorer, ultimo presidente del US Joint Chiefs of Staff, ha parlato con schiettezza esasperata della supremazia ebraico-israeliana negli Stati uniti:

"Non ho mai visto un presidente - non importa chi egli sia - che  li abbia contrastati. E' difficile anche solo immaginarlo. Essi hanno sempre ottenuto quello che vogliono. Gli israeliani sanno sempre quello che succede. Arrivai al punto che mi era impossibile scrivere qualcosa sull'argomento. Se il popolo americano capisse che tipo di dominio questa gente ha sul nostro governo, insorgerebbe in armi. I nostri cittadini certamente non hanno nessun idea di quello che succede."

Oggi il pericolo è più grande che mai. Israele e le organizzazioni ebraiche, in collaborazione con le lobby filo-sioniste di questo paese stanno incitando gli Stati Uniti - la maggior potenza mondiale militare ed economica - ad una nuova guerra contro i nemici d'Israele. Come ha recentemente riconosciuto l'ambasciatore francese a Londra, "Israele" - che egli ha definito "that shitty little country" - è una minaccia per la pace mondiale. "Perché il mondo dovrebbe rischiare a causa di questa gente la terza guerra mondiale?" 
 
Riassumendo: gli ebrei controllano un immenso potere ed esercitano una pesante influenza negli Stati Uniti. "La lobby ebraica" è un fattore decisivo per il sostegno statunitense ad Israele. Gli interessi ebraico-sionisti non sono identici agli interessi americani. Nei fatti, spesso, sono in conflitto. Fino a che la potentissima lobby ebraica rimarrà al suo posto non ci sarà fine alla sistematica distorsione degli avvenimenti presenti e della storia, alla dominazione ebraico-sionista del sistema politico degli Stati Uniti, all'oppressione sionista in Palestina, al sanguinoso conflitto tra ebrei e non-ebrei nel Medio Oriente e alla minaccia israeliana alla pace.

Mark Weber.

Mark Weber è il direttore del Institute for Historical Review.
Ha studiato storia all'università dell'Illinois (Chicago), all'Università di Monaco di Baviera, alla Università statale di Portland e all'Indiana University (M.A.,1977). Per nove anni è stato editore della prestigiosa rivista dell' IHR il Journal of Historical Review.



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