Divide et Impera

Nelle società “sviluppate” e “civilizzate” il detto “divide et impera” è diventato una prassi acquisita da ogni autorità che vuole consolidare il suo potere, e l’avversione tra individui è la migliore forma di controllo sociale. Il Potere ci impone questa paura dell’altro, del nostro simile, che potrebbe rivelarsi una bestia istintiva, bellum omnium contra omnes (letteralmente “la guerra di tutti contro tutti”). Da qui derivano le diciture come ”omofobo”, “antisemita”, “xenofobo”, “razzista”, “maschilista”, “antisemita”, “sessista”, “classista” e le varie leggi che limitano la libertà di espressione o le campagne pubblicitarie istituzionalizzate volte a sensibilizzare questo o quell’argomento.

Rousseau rimproverò ad Hobbes di non esser mai riuscito a definire realmente l’uomo “primitivo” o “pre-civilizzato”, poiché quello che lui andava trascrivendo trasponendolo nell’immaginario “stato di natura” era proprio l’uomo moderno, viziato, malvagio, l’animale in lotta, dominato dai suoi istinti, l’uomo di potere, inserito nelle logiche mercantili e predatrici. Come appuntò il filosofo di Ginevra, Hobbes non faceva altro che definire sé stesso e gli uomini che lo circondavano nei salotti londinesi, sostenendo invece tutt’altra genealogia sentimentale dell’uomo - tra cui la predominanza del sentimento simpatetico di pietà - e, affermando che a rendere l’uomo secondo la concezione “hobbesiana” era la cattiva organizzazione sociale: quella che chiamavano civiltà, era, invero, la causa di ogni conflitto sociale.

In realtà quella di Rousseau era una filosofia controcorrente per l’epoca e scomoda agli alfieri dell’Illuminismo perché in qualche modo rappresentava un ostacolo al Progresso e al mito della civiltà democratico-liberale che in quel tempo si stava consolidando. Meglio è stato promuovere il pensiero di Hobbes, per poi esaltare le teorie dell’evoluzionismo darwiniano. L’uomo doveva perdere la sua umanità, homo homini lupus, doveva diventare un lupo per l’uomo, doveva essere vincolato alle sue pulsioni, ai suoi istinti più animali, perché l’uomo discendeva  -o meglio, doveva discendere - dalla scimmia.

Leggi e campagne pubblicitarie che in realtà non sono altro che degli strumenti abusati dal Potere per esaltare quegli stessi comportamenti sociali come l’omofobia, l’antisemitismo, il femminicidio, il fanatismo politico...  Sono stati così messi gli omosessuali contro gli eterosessuali, i nativi contro gli immigrati, le categorie lavorative l’una contro l’altra, i giovani contro i vecchi, gli uomini contro le donne, i fascisti contro i comunisti, plasmando a loro immagine una società divisa, isterica, irascibile. I fenomeni sociali come quelli menzionati esistono seppur minoritari, sia chiaro, eppure non fanno dell’italiano un lupo per l’italiano come il Potere con il suo apparato legislativo e mediatico ha voluto e vuole far credere.

L’Italia del quotidiano, dei lavoratori, degli agricoltori, degli operai, l’Italia che vedi in faccia quando ti alzi la mattina, è in realtà un Paese tollerante, caritatevole, generoso, per certi versi anche libertario. In Italia, quella vera, non l’Italia illegittima di Laura Boldrini, Daniela Santanché e di Enrico Letta, delle fondazioni, dei partiti e delle lobby, “l’uomo è una cosa sacra per l’uomo” (espressione di Seneca). Bene, se non l’avete capito ci sono due “Italie”: una di Hobbes, e una di Rousseau.

di Sebastiano Caputo
Share: